giovedì 30 giugno 2011

Spendo poco e leggo bene

Ho letto su questo blog (http://www.volevofarelarockstar.com/) un post che mi  ha incuriosito. L’autrice chiudeva il suo intervento con una domanda:  qual è il romanzo più sopravvalutato che avete letto? Il post ha avuto grande successo e moltissimi blognauti assidui commentatori o meno hanno detto la loro; io confesso di aver letto i commenti con grande avidità ma di non avere detto la mia. Di fatto, la maggior parte degli scrittori che sono stati citati li ritengo, anche io come gli altri, sopravvalutati. Sull’Eleganza del riccio poi non saprei cos’altro dire, non mi ha emozionato nemmeno un pochino, l’ho trovato talmente spocchioso che alla fine è diventato una lettura pesante e inutile.


Le varie citazioni sono messe lì  a bella posta, senza alcun motivo vero o senza alcun collegamento al testo o ai personaggi. Sono  lì tanto per fare vedere quanto è fichissima la scrittrice o colti i personaggi che si è inventata ma di fatto non arricchiscono i protagonisti,  non si amalgamano al loro sentire, sono solo uno banale sfoggio di cultura. Del resto, è cosa nota che quelli che sanno poco di tutto tirano fuori paroloni o frasi fatte per sembrare sapienti e addentro agli argomenti. E’ proprio quello che è successo nell’Eleganza del riccio, un banale ammiccamento al lettore che però, dai commenti letti, ci casca poche volte nella trappola.

Un altro testo davvero sopravvalutato è quello di Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi. Anche qui una storia facile, quasi elementare, due diversi tipi di solitudine che non si incontrano mai, l’anoressica ed il masochista, persone sole che scelgono di farsi del male per gridare la loro solitudine, che non vengono capiti in alcun modo e che rimarranno soli, per sempre lontani eppure vicinissimi. Quante ne abbiamo lette, sviscerate, esaminate e anche viste in tv di storie così? Forse più che un romanzo potrebbe essere un copione buono per qualcosa per la televisione, personaggi cliché, ingenui, senza spessore. Pochissimi gli sprazzi di originalità, io me ne ricordo soltanto uno: quando il ragazzo lascia la sorella malata al parco.

La lista, per i miei gusti , si farebbe troppo lunga e spesso penso di essere solamente una gran criticona anzi che sia io che non riesco a cogliere la vera bellezza ed il piacere in libri che sono sulla bocca di tutti, osannati dalla stampa e da quelli che la sanno lunga.

Faccio fatica a trovare un libro bello che mi appassioni e, quando lo trovo, è un‘esperienza davvero appagante.  Il libro che mi piace non è fatto solo di personaggi o fatti interessanti ma è un tutt’uno tra la storia, i protagonisti e lo stile con cui è scritto. C’è un equilibrio tra le parti che crea un piccolo capolavoro. Certo la trama è importante, ma ci sono testi in cui non accade niente , o quasi, e che, grazie ad un uso personale della scrittura, diventano i miei best-sellers. Ci sono autori che giocano con la lingua, altri con la forma, qualcuno con tutte e due e vengono fuori non solo delle belle storie ma anche dei testi interessanti e completi.

Sempre più spesso, ci vengono magnificate  storie ricche di fatti o di persone che però mancano completamente del resto. Un romanzo è  un genere preciso ma soprattutto è composto di tanti elementi diversi che andrebbero in qualche modo curati. Se ci sono solo i fatti, anche se siamo di fronte ad una storia ben articolata, magari accattivante da leggere, rimane comunque un romanzo incompleto (mi viene in mente Stieg Llarson..). Se i  personaggi non si amalgamano tra loro e nella storia rimangono lontani dal nostro sentire e non ci coinvolgono in alcun modo, il libro rimane incompleto. Del resto, anche il lettore diventa parte della storia, è un personaggio come gli altri, è lui che dà il senso al racconto: il suo naturalmente, ma le interpretazioni dei testi sono sempre molteplici… I libri che non  mi piacciono, non mi lasciano niente a cui pensare, non mi fanno immaginare, né tantomeno immedesimare nei protagonisti anzi, alla fine, mi sembra di avere perso il mio tempo e di aver buttato via soldi. Mi sento quasi presa in giro dalle case editrici che creano uno o due casi letterari all’anno per farci comprare libri davvero poco interessanti di cui l’anno dopo non ci ricorderemo.

E’ per questo che da molto tempo ormai mentre tutti leggono Acciaio o qualcos’altro uscito ancora più di recente, io mi rifugio nei classici ossia in quegli autori che so che non mi deludono o che hanno superato la prova del tempo. Spendo poco e leggo bene, potrebbe essere uno slogan pubblicitario… E’ come se i libri che leggo dovessero meritarsi di farsi leggere da me!... Anche questa è spocchia!

1 commento:

  1. L'eleganza del riccio non ti ha emozionato. Ecco, l'hai detto meglio di me, io ci ho girato attorno. quello che importa, in un romanzo, al di là della valutazione stilistica che può anche non essere negativa, è la capacità di suscitare un'emozione e quel libro non ha emozionato neanche me.

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