martedì 17 aprile 2012

Vita e destino

Un libro che potremmo definire “il Guerra e pace del Novecento”, un affresco impietoso sui crimini della seconda guerra mondiale in Russia sia da parte tedesca che da quella sovietica. Un testo che non fa sconti a nessuno  né ai tedeschi con i campi di concentramento, con i soldati senza pietà per le vittime, con la convinzione di essere superiori e nel giusto, né per i Russi con la loro politica della paura, della delazione messa in piedi da Stalin in barba a tutti i principi della rivoluzione del 1914, con le torture per fare parlare i testimoni o con il confino in Siberia.
La storia ha inizio con l’assedio di Stalingrado da parte tedesca che dura dall’estate del 1942 alla primavera del  ‘43 e che segnerà l’inizio della ritirata tedesca dalla Russia, con la sconfitta della VI armata e con l’arresto del generale Paulus considerato da tutti quasi come un eroe invincibile. La vicenda dette il via all’invasione della Germania da parte dei Russi capovolgendo completamente le sorti della guerra e dei futuri assetti politici europei. Contemporaneamente, vengono raccontate le vicende dalla famiglia Saposnikov , la storia di Liudjmilla moglie dello scienziato Victor che ha perso il figlio Tolija durante l’assedio, di sua madre, di sua sorella Zenia e di Krimov  suo cognato, della nipote Vera che dà alla luce un bambino anche se sotto un bombardamento, della madre di Victor, ebrea, che viene uccisa in un lager tedesco mentre stringe la mano ad un bambino non suo.
In questo libro c’è tutto, tutti i sentimenti, tutti gli stati d’animo, tutte le contraddizioni e le paure dell’uomo che alla fine lo rendono uguale al nemico così come ideologie contrapposte alla fine tendono ad assomigliarsi e ad essere più vicine di quanto si creda. Tutte le dittature siano esse naziste o comuniste disprezzano l’uomo, attraverso la paura del prossimo vogliono controllare le masse per disattivarle, renderle innocue, remissive. Non c’è differenza tra i lager nazisti e quelli sovietici, entrambi percorrevano gli stessi fini ed erano basati su idee simili.
Il realismo di Grossman è tale che davvero ci sembra di vivere quei momenti, soffrire della morte nella camera a gas della madre di Victor, delle torture che hanno inflitto a Krimov, del freddo che hanno patito i personaggi nelle izbe siberiane;  oltre agli stati d’animo, alle paure, alla disperazione si percepiscono gli odori, i sapori, le piccole gioie: sì,  perché anche in momenti tragici come quelli, l’uomo riesce comunque a trovare qualcosa per cui sorridere o sperare come, ad esempio, la nascita di un bimbo o l’amore adolescenziale di una ragazzina che vuole vivere i suoi anni e se ne infischia della guerra.
Un testo completo che nonostante le sue mille pagine(o quasi) non stanca il lettore (a parte per l’iniziale difficoltà nella comprensione dei nomi dei vari personaggi nonché dei loro nomignoli) che generalmente rimane rapito non solo dalla Storia e dalle storie raccontate ma anche dalla scorrevolezza dello stile, dal suo crudo e asciutto realismo e che non può fare a meno di gridare al capolavoro.

Vita e destino, Vasilij Grossman, 1980.