venerdì 17 giugno 2011

La Terra vista dalla Luna

Ormai è tardi per parlare di eclissi di Luna. L’eclissi c’è già stata e l’occasione di vederla tutta rossa me la sono già persa. Ma la Luna è sempre la Luna e, come per molte  persone, anche per me ha un fascino tutto particolare; è bella, tonda, pallida e sempre sorridente. Sta lì ci guarda con il suo sguardo bonario e ci sorride, ci fa luce nelle notti scure e ci fa compagnia in quelle insonni. Mi piace la Luna quella degli scrittori che l’hanno descritta, cantata, narrata sin dall’antichità e mi piace anche la Luna degli scienziati, degli astronauti, quella vera, reale, tangibile.


Se penso che qualcuno ci è stato davvero, ne ha toccato il suolo, ha lasciato la famosa impronta, mi emoziono e quasi mi sembra un racconto favoloso  più da leggere in un libro di fantasia che in un articolo scientifico. I dubbi di quelli che non credono all’allunaggio non mi riguardano. Che ci siamo andati o no è uguale,  tanto lei continua a mantenere lo stesso fascino di sempre, per niente scalfito dal fatto che qualcuno ci sia stato o meno. Le immagini che vennero girate dagli astronauti, nonostante sia state riprese da uomini in carne ed ossa, di fatto non ci fanno cambiare opinione, la Luna rimane un luogo inarrivabile, di pace totale, di silenzio perfetto, dove non c‘è niente, nessun rumore, nessun odore.  Dove tutto è immobile ma non ostile, è un luogo di calma in cui tutto si ferma ma non in attesa di qualcosa di pericoloso o pauroso; quiete e niente più, calma, tranquillità, pace. La stessa idea dell’uomo, e in questo caso, anche dello scienziato,  di volere raggiungere la Luna così vicina e ma anche così lontana, ha qualcosa di poetico. Voglio dire che, nonostante fosse stata studiata da tempo e nonostante avessero buone conoscenze sul nostro satellite, decisero comunque di andare forse perché il viaggio non rappresentava soltanto una dimostrazione di forza, in un periodo di guerra fredda tra USA e URSS,  ma anche l’avverarsi di un sogno, potere arrivare a ciò che da sempre era stato considerato inarrivabile; perché la Luna è così alla nostra portata ma nello stesso tempo è lontanissima.
E poi non è bello credere che ancora sia un luogo unico, lontano e vicino insieme  e che magari in un angolino nascosto ancora si trovi l’ampolla con il senno  di Orlando? Un luogo davvero speciale, anche per Ariosto[1], dove si trovano tutte le cose che si perdono sulla Terra: le lacrime e i sospiri degli amanti, il tempo che si trascorre nei giochi, le ambizioni, i desideri... e, soprattutto, il senno degli uomini. Quest’ultimo, essendo un liquido <atto a esalar, se non si tien ben chiuso>, è raccolto in numerose ampolle che portano scritto il nome del proprietario. Tra le ampolle, Astolfo trova quella con scritto «Senno di Orlando». Mi piace pensare che qualcuno che, qui , sulla Terra, è considerato matto, dissennato, un vero e proprio relitto della società, lo sia soltanto perché non ha ancora raggiunto la Luna dove  può ritrovare il suo senno,  in un ampolla con su scritto il proprio nome. O forse i nostri matti ancora non ci sono andati sulla Luna proprio perché non vogliono avere indietro il loro senno, preferiscono stare così, fuori dalla società che non li accetta e li maltratta, vuoti, con la testa e l’animo in preda agli istinti primari e niente di più.
Ma che cosa avranno provato gli astronauti  o  Astolfo  vedere la Terra dalla Luna? Io, per parte mia, nel caso che non morissi di infarto, dopo un‘ emozione incredibile  con il cuore in gola, sul punto di impazzire e probabilmente le lacrime che scendono senza riuscire a fermarsi, proverei  la sensazione di avere capito quanto siamo piccoli, insignificanti, trascurabili all’interno dell’Universo e, forse, tanti dubbi, problemi, ossessioni personali e non si ridimensionerebbero. Anzi,  sarebbe bello che ogni uomo potente al momento di intraprendere la strada della politica o prima di decidere sulle sorti del mondo, avesse l’obbligo di essere spedito sulla  Luna, a pensare, a guardare la Terra da lì e a decidere in santa pace. Forse alcuni errori madornali, alcune guerre, alcuni disastri si sarebbero potuti evitare.  Ritornare ad essere uomini semplici davanti alla maestosità dell’Universo potrebbe fare comprendere meglio sé stessi e gli altri.
La Luna ci garantisce la possibilità di fare castelli in aria, sognare, sperare e unirci al tutto in un grande abbraccio materno, sempre.


[1] Ludovico Ariosto, Orlando furioso,  canto XXXIV, 69-87, Astolfo sulla Luna.

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