lunedì 11 luglio 2011

Primo episodio. "Se non ora quando": la mia wish list.

Sabato c’ero anche io. Sì, anche io sono andata a Siena per partecipare a “Se non ora quando”  in programma per il fine settimana appena trascorso. E’ stato bello, interessante, entusiasmante, qualche volta commovente. Ho ascoltato tutti gli interventi, non ho perso nemmeno una parola, ho imparato cose nuove, aspetti di un mondo di cui, pur facendone parte, non ero a conoscenza e ho percepito la forza delle donne, la voglia di cambiare, la stanchezza di portare fardelli così pesanti. Alcune parlavano in modo spontaneo, franco, raccontavano con il cuore usando parole semplici e il loro messaggio arrivava dritto alla meta;  altre, quelle abituate a parlare in pubblico spesso politicanti, esponevano in modo chiaro, usando le parole giuste ma senza quel fuoco, quel groviglio allo stomaco, senza la spontaneità della signora Nessuno.



Quest’ultime sono state spesso fischiate e la domanda che veniva loro rivolta era: sei qui perché davvero credi in tutto questo o sei qui per fare il segnaposto al tuo partito o al tuo sindacato? La risposta è ovvia: erano lì a mettere il capello, a prenotare un posto ma del resto come è pensabile di riuscire a tenere fuori da un movimento come questo la politica? E soprattutto è giusto tenerla fuori? Credo di no, credo che la forza della donne sia proprio questa: essere donne ma accettare le nostre differenze ideologiche. Non è vero che non si può fare, il nostro è un obiettivo comune che può davvero cambiare il mondo quindi insieme possiamo raggiungerlo senza per forza fare a meno delle nostre differenze. Non è pensabile che i nostri obiettivi siano possibili senza la politica, ci serviranno le donne che sono in Parlamento, tutte, non solo quelle di sinistra. E’ per questo che ci deve essere un maggiore coinvolgimento delle donne di destra, dobbiamo farle uscire allo scoperto, devono prendere la parola da sole senza suggeritori, devono comprendere che questo non è un movimento solo di sinistra, solo di femministe ( che ci sarà poi di male ad essere femministe, un giorno qualcuno me lo deve spiegare!) oppure solo di radical chic (ma quando mai?!). La sinistra è molto ben rappresentata  ovviamente, ma deve essere accogliente verso gli altri; in alcuni casi, fischiare (anche se è giusto esprimere i proprio dissenso) può essere controproducente, quelle poche donne di destra che ci sono devono essere invogliate alla partecipazione e al coinvolgimento di altre donne come loro. Più siamo e meglio è e soprattutto più siamo diverse e meglio è! Chi è al Governo, di qualunque colore esso sia,  può non ascoltare le donne della parte politica opposta ma deve, prima o poi, ascoltare quelle della propria.

Al prossimo incontro vorrei trovare ed ascoltare le donne di destra che spontaneamente, così come hanno fatto quelle di sinistra, partecipano e si sentono coinvolte in questa battaglia.  

Un’altra assenza, che non mi aspettavo, è stata invece quella degli uomini. Non li ho visti che pochissimi e questo mi ha un po’ sorpreso. Alla manifestazione del 13 Febbraio c’erano mentre sabato nemmeno l’ombra. Non posso credere che a Febbraio non abbiano compreso il senso della nostra voglia di unione e che abbiano partecipato credendo che fosse solo una manifestazione antiberlusconiana! No, perché non era così, non ci siamo riunite contro Berlusconi e ora non siamo tornate ad incontrarci solo per confrontarci tra di noi. Non possiamo fare a meno degli uomini quelli giusti, quelli che ci rispettano, che credono nell’uguaglianza, quelli disposti a cedere un po’ del loro potere a donne capaci, quelli disponibili ad aiutarci nella lotta. Non vogliamo una vittoria di Pirro, non sarà una mezza rivoluzione, non dobbiamo rimanere ancora bloccati nella lotta di genere, altrimenti continueremo a credere che gli uomini sono i guerrieri, cacciatori, procacciatori di cibo, e le donne le loro fedeli compagne, servizievoli e amorevoli madri di famiglia. Come può non interessare all’altro sesso cosa vogliamo essere, dove siamo dirette e perché siamo così tante?

Al prossimo incontro vorrei trovare tanti uomini ed ascoltare anche loro, cosa sono disposti a fare per aiutarci concretamente nelle sedi giuste e coltivare la nostra battaglia.

Infine, un’altra assenza che non mi aspettavo così evidente è stata quella delle donne giovani, non parlo delle quattordicenni ma delle ragazze dai diciotto ai venticinque anni, quelle che ancora studiano all’Università o che si stanno affacciando ora al mondo del lavoro, che magari già votano. Quelle che per intenderci hanno l’età di Ruby. Alcune madri di ragazze di quella età mi hanno parlato di giovani, non inconsapevoli della stato della donna, ma di persone tutti rivolte verso se stesse, che non pensano mai agli altri, alla società. Ognuno cerca di coltivare il proprio orto, sapendo di potere contare solo sulle proprie forze. Sono disposte a grandi sacrifici e sanno di essere sole, al massimo, nella vita di tutti i giorni, possono contare sull’aiuto della famiglia o degli amici ma mai della società. E’ una guerra quotidiana la loro, proprio come quella delle altre donne, solo che loro non credono nell’associazionismo, nella possibilità di cambiare qualcosa tutte insieme.  Questo loro modo di vedere la vita non solo in salita ma in solitudine  è sintomatico della nostra società, fatta ormai di individui singoli che accettano tutto a testa bassa cercando di sopravvivere ad una selva di difficoltà. Significa che non c’è stata una progressione nel miglioramento delle condizioni di vita delle donne ma anzi che quasi si sia tornati indietro, ossia, pur dando per scontate alcune battaglie che sono state vinte proprio grazie alle donne e mi riferisco al divorzio e all’aborto, non si sia ottenuto niente altro e le giovani siano cresciute con la convinzione, così come era per le loro nonne, di dovere fare da sole, di contare solo su se stesse e lavorare a testa bassa ,tanto ribellarsi non serve. Queste giovani sono spesso le figlie delle donne che alla fine degli anni settanta lottavano: perché non credono possibile un cambiamento ? Noi lo stiamo facendo anche per loro ma perché a loro non interessa, perché sono così disilluse, perché non sognano un mondo migliore?

Al prossimo incontro vorrei trovare ragazze giovani che partecipino alla discussione, che ci facciano capire perché non sono venute prima, che cosa vedono di sbagliato in questo tipo di associazionismo, che cosa vorrebbero per il loro futuro.

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