In alcuni momenti le donne hanno dovuto far di necessità
virtù e così si sono dovute arrangiare a inventare piatti che in altri momenti
storici mai avrebbero inventato. Poi quelle ricette sono risultate buone e magari
sono andate fare parte di un patrimonio collettivo che ora in tempo di crisi ma
soprattutto in tempo di vintage si stanno riscoprendo. Le donne hanno
inventiva, fantasia, manualità. Ed ecco uscire fuori dalle dispense delle mie
nonne i “biscottini” ovvero una zuppa di
castagne, salata, con tanto rosmarino da servire calda nelle sere d’inverno, la
frittata con gli “zoccoli” ovvero una frittata con l’aggiunta di pezzi salami,
salsicce, prosciutto che si sono un po’ induriti e che non sono più tanto buoni
da mangiare a crudo, il “pancotto” pane, acqua, aglio e olio, la “cionna” una
minestra di verdura a pezzi e pane, i “migliacci”
le crepes maremmane fatte solo con farina e acqua da mangiare con la ricotta e
la marmellata. Tante ricette di cui non conservo nemmeno un brogliaccio e che
spesso non incontrano il mio gusto e nemmeno le mie idee ma che mi riportano “a
casa”, sono immagini di tavole apparecchiate, di piatti sporchi, di odori, di
parole e di tempo passato insieme mentre crescevo.
E tornando “ casa”, ci sono i giorni prima della Pasqua
quando saltavo la scuola per andare a fare i dolci. Innanzi tutto, si sceglieva
una giornata che era immancabilmente bella e calda o almeno così era nei miei
ricordi, poi si andava sempre da qualcuno che avesse un forno a legna in funzione
e avesse spazio per ospitare donne, bambini, pentole e tegami e nella maggiore
parte dei casi di trattava di un podere in campagna e poi si iniziava…Una intera
giornata dedicata a preparare i dolci, chiare sbattute a neve a mano,zucchero,
farina, paste lievitate, pinoli, mandorle, noci, canditi, biscotti a forma di campana,
pulcino, fiore e la più piccola, che ero sempre e immancabilmente io, investita
di un ruolo davvero importante: mettere il candito a decorazione dei biscotti. Crostata,
crostata di frutta secca, crostata con la meringa, pan ducale, mantovana, pinolata, pesce, biscotti, spumine, pesche. Poi, si poteva leccare la ciotola dove era
stato preparato il dolce o quella del cioccolato che era servito per fare il
pesce e poi alla fine c’erano le spumine da lasciare nel forno fino a
spengimento e che uscivano la mattina dopo bianche, croccanti, leggerissime . Chiacchiere,
risate, errori, frecciatine, prese in giro, tante donne tutte insieme a lavorare
per rendere bello il giorno di festa. Un’occasione che grazie a mia madre non
mi sono persa, si impara con gli occhi e sporcandosi le mani, ecco, l’ho fatto
ma quello che mi porto dentro non è il sapore di quei dolci quanto la gioia di
quelle atmosfere, il piacere dello stare insieme, la capacità di condivisione,
il “saper fare” con gli altri che è molto meglio di sapere fare e basta.
Nessun commento:
Posta un commento