venerdì 15 marzo 2013

"Tornando a casa"

Sono una persona fortunata, sono piena fino all’orlo di ricordi, di cose accadute ormai tanti anni fa, nella maggiore parte dei casi accadute proprio a me. Spesso coinvolgono i miei affetti più cari. Sono storie della mia famiglia, sono rimaste incollate alle mia memoria, ogni tanto riaffiorano e mi fanno ricordare. Spesso sono storie piccole piccole insignificanti per chi ascolta, banali per i più ma sono tutto quello che ho e sono tutto quello che posso raccontare. Spesso sono storie complicate di donne semplici che hanno affrontato momenti difficili. Certo, è successo a tutte, le nostre nonne o le nostre zie, tutte hanno affrontato la guerra, la fame, la fuga, le difficoltà familiari ma quelle di casa tua hanno un sapore diverso, sono importanti per capire quello che sei e quello che stai diventando. Le ricordo spesso e ultimamente sempre di più.

In alcuni momenti le donne hanno dovuto far di necessità virtù e così si sono dovute arrangiare a inventare piatti che in altri momenti storici mai avrebbero inventato. Poi quelle ricette sono risultate buone e magari sono andate fare parte di un patrimonio collettivo che ora in tempo di crisi ma soprattutto in tempo di vintage si stanno riscoprendo. Le donne hanno inventiva, fantasia, manualità. Ed ecco uscire fuori dalle dispense delle mie nonne  i “biscottini” ovvero una zuppa di castagne, salata, con tanto rosmarino da servire calda nelle sere d’inverno, la frittata con gli “zoccoli” ovvero una frittata con l’aggiunta di pezzi salami, salsicce, prosciutto che si sono un po’ induriti e che non sono più tanto buoni da mangiare a crudo, il “pancotto” pane, acqua, aglio e olio, la “cionna” una minestra di verdura a pezzi  e pane, i “migliacci” le crepes maremmane fatte solo con farina e acqua da mangiare con la ricotta e la marmellata. Tante ricette di cui non conservo nemmeno un brogliaccio e che spesso non incontrano il mio gusto e nemmeno le mie idee ma che mi riportano “a casa”, sono immagini di tavole apparecchiate, di piatti sporchi, di odori, di parole e di tempo passato insieme mentre crescevo.
E tornando “ casa”, ci sono i giorni prima della Pasqua quando saltavo la scuola per andare a fare i dolci. Innanzi tutto, si sceglieva una giornata che era immancabilmente bella e calda o almeno così era nei miei ricordi, poi si andava sempre da qualcuno che avesse un forno a legna in funzione e avesse spazio per ospitare donne, bambini, pentole e tegami e nella maggiore parte dei casi di trattava di un podere in campagna e poi si iniziava…Una intera giornata dedicata a preparare i dolci, chiare sbattute a neve a mano,zucchero, farina, paste lievitate, pinoli, mandorle, noci, canditi, biscotti a forma di campana, pulcino, fiore e la più piccola, che ero sempre e immancabilmente io, investita di un ruolo davvero importante: mettere il candito a decorazione dei biscotti. Crostata, crostata di frutta secca, crostata con la meringa, pan ducale, mantovana, pinolata, pesce, biscotti, spumine, pesche. Poi, si poteva leccare la ciotola dove era stato preparato il dolce o quella del cioccolato che era servito per fare il pesce e poi alla fine c’erano le spumine da lasciare nel forno fino a spengimento e che uscivano la mattina dopo bianche, croccanti, leggerissime . Chiacchiere, risate, errori, frecciatine, prese in giro, tante donne tutte insieme a lavorare per rendere bello il giorno di festa. Un’occasione che grazie a mia madre non mi sono persa, si impara con gli occhi e sporcandosi le mani, ecco, l’ho fatto ma quello che mi porto dentro non è il sapore di quei dolci quanto la gioia di quelle atmosfere, il piacere dello stare insieme, la capacità di condivisione, il “saper fare” con gli altri che è molto meglio di sapere fare e basta. 

Nessun commento:

Posta un commento