domenica 4 agosto 2013

La casa del silenzio

Fatma è ormai vecchia, incartapecorita, astiosa e con molti rimorsi ma soprattutto con un profondo odio verso quel nano che la riverisce giorno e notte,  che si prende cura di lei ventiquattro ore su ventiquattro e che sta lì a ricordarle continuamente l’adulterio che suo marito ha commesso, mettendo al mondo altri due figli fuori del matrimonio. Quel nano sta lì a ricordarle quanto la sua malvagità non abbia avuto limiti quando, ancora piccoli, li ha presi a bastonate e trasformati in storpi. E lei vive ricordando la vita che ha fatto, il marito che ha amato, detestato, odiato per tanti anni, in un turbine mai fermo di passioni contrapposte, paura, desiderio, ribrezzo, odio; vive ricordando la sua immobilità, relegata per anni nella sua stanza, a contare i gioielli ognuno dei quali raccontava un episodio della sua vita di ragazza quando ancora abitava ad Istanbul e frequentava le figlie di un Pascià. 

Quei gioielli che piano piano uno ad uno sono stati venduti per sostentare la famiglia. Ftama è anche la nonna di tre nipoti: la giovane Nilgun comunista, uno dei due maschi Faruk, il più grande, separato dalla moglie, alcolista, storico di professione e depresso e, infine, il più giovane, Metin, con gradi sogni di rivalsa, con il desiderio sfrenato di fare soldi senza ancora sapere bene come, disposto a scappare verso l’America ma che gli basta una bella ragazza, con la puzza sotto il naso, e, forse, disponibile, per fare crollare le sue certezze e rimettere tutto in discussione.
Dall’altra parte, c’ è “l’altra” famiglia, quella composta dal nano Recep che non ha preso moglie e vive con Fatma e da suo fratello Ismail che è padre di un ragazzo, Hazan, ancora più confuso di quanto non lo siano i nipoti legittimi di Fatma, vicino agli ambienti nazionalisti e antioccidentali che non permettono alla Turchia di ammodernarsi e di stare al passo con i tempi e che, anzi, la farebbero ripiombare in quell’arretratezza che è la stessa contro la quale lottava il dottore Selahasn, nonno di Nilgunn ma anche di Hazan stesso.
Ieri e oggi, come se niente fosse cambiato. Ieri, il nonno combatteva apertamente contro la mentalità arretrata della popolazione, credeva nella scienza come unico credo da seguire e si prendeva gioco delle tradizioni popolari, buone solo perché uguali a se stesse ormai da secoli. Voleva il cambiamento, il dottor Selahattin , credeva nel popolo che avrebbe potuto davvero cambiare se stesso e lo Stato, migliorare le condizioni dei poveri, crescere e diventare pari a quelli europei. Nello stesso tempo, il dottor Selahattin avrebbe voluto al suo fianco una donna pronta a combattere le sue battaglie ma si era ritrovato una moglie totalmente ignorante ancorata a tutte quelle credenze che lui disdiceva, che disapprovava in ogni suo aspetto. Lui con il tempo, disilluso, depresso, alcolista e con il senso di colpa di esserle stato infedele nella sua stessa casa, concependo e crescendo con la loro domestica  due figli, si era trasformato per la moglie in un incubo da una parte vittima e dall’altra carnefice
Un vortice di passioni estreme che hanno avuto origine dall’incontro di Ftama, figlia di un Turchia conservatrice e tradizionale e Selahattin, sognatore e ribelle, che grazie allo studio è riuscito ad emanciparsi e che prova, a suo modo, a cambiare il mondo. I due sembrano rappresentare la Turchia del loro tempo così come i loro nipoti, anni dopo, continuano a rispecchiarla: la giovane donna che crede di essere comunista, senza davvero sapere che cosa sia davvero il comunismo, ma che sente l’esigenza di cambiare, di trasformare uno stato tradizionalista; il nipote intellettuale, autoreferenziale come tutto il mondo intellettuale, che non crede a niente, che critica e polemizza su tutto senza cercare alternative percorribili; il giovane abbagliato dall’occidente che vede nel consumismo e nell’ambizione sfrenata e senza regole e nell’egoismo la soluzione a tutti i mali ed infine la componente conservatrice che non accetta alcun innovazione, tutta concentrata a mantenere lo stesso di fatto, senza riconoscere l’emancipazione femminile, i tempi che cambiano e le realtà nazionali e internazionali che si evolvono. La Turchia di ieri così come quella di oggi come luogo di scontro di idee diverse, talvolta contrapposte e che sfociano non di rado nella violenza. La Turchia di Pamuck è una nazione che è cambiata dai tempi del dottore Selahattin, che inesorabilmente ha fatto proprie alcune  idee, alcuni concetti, alcun distorsioni tipiche del’occidente ma, nello stesso tempo, è sempre uguale a  se stessa e continua ad avere un nocciolo duro di tradizionalismo e conservatorismo che resiste, quello che proprio il dottor Selahattin  aveva combattuto ma che, come una serpe in seno, allevava.
Un libro bellissimo, un romanzo di sentimenti che scatena emozioni contrastanti nel lettore, la storia coinvolgente, a tratti violenta di una famiglia che rispecchia la storia coinvolgente, talvolta violenta della Turchia. Da leggere.
O. Pamuck, La casa del silenzio, 1999.

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