Nostri.
Sono semplicemente uomini (nel senso facenti
parte del genere umano), e frutto della nostra società e della nostra civiltà, che
quando da singoli ci trasformiamo in massa diventiamo capaci di cose che mai
avremmo potuto immaginare. Di esempi ce ne sono tanti il primo che mi viene in
mente è quello della morte di Lady D quando migliaia e migliaia di persone si
sono emozionate, hanno pianto, talvolta in modo disperato per la povera D come
se fosse stata una santa, una che aveva sacrificato la sua vita per gli altri o
per la Monarchia: ma davvero nessuno si ricorda che non aveva fatto niente di
male ma neanche di bene, che si limitava a raccogliere soldi per devolverli ai
poveri ma non erano i suoi! Che mai si sarebbe spogliata dei propri beni se non
per sostituirli con altri più nuovi e alla moda???!!!! E che dire di quello che
succede nei nostri stadi o ancora peggio dell’Olocausto, un’intera nazione
convinta da un pazzo delirante che gli Ebrei
andavano eliminati? Come è possibile che la maggioranza dei Tedeschi
credesse a questo e che sia stato davvero messo in atto lo sterminio?!
Nascondersi dietro la massa è comodo e
rassicurante sempre e per tutti mentre all’età di quei ragazzi niente è comodo
e facile. Il mondo che sta loro intorno propina di continuo modelli vincenti,
ma poco costruttivi, tutti legati al guadagno facile, alla ricchezza, alla bellezza,
al sesso, e i ragazzi, che si affacciano alla vita degli adulti e che cercano
di capire, di imporsi, di farsi strada e che hanno pochi adulti che li ascoltano,
hanno oggi una valvola di sfogo: la rete. Un luogo dove tutto è permesso, dove
ci si sfoga, ci si scrolla di dosso le sovrastrutture che gli altri ci hanno
cucito addosso, quello chela mamma si aspetta da noi, quello che insegnanti ci
impongono o gli amici di sempre ci suggeriscono e si torna noi stessi, liberi.
Tutto ciò non significa tornare ad essere
innocenti, senza colpe, bambini ; al contrario, significa essere noi stessi,
dare libero sfogo alle nostre paure, alle nostre vendette, alle nostre cattiverie
e a quello che riteniamo ingiusto. Tutti siamo un po’ cattivi, invidiosetti,
presuntuosi provare questi sentimenti non significa essere malati o sbagliati e,
certamente, la massa aiuta ad
identificarci, fare parte di un gregge ci fa sentire meno soli, compresi e ci
dà forza proprio nel momento in cui ci sentiamo insicuri e deboli: è per questo che questi ragazzini si sono
buttati a capofitto contro la vincitrice dei biglietti. E’ chiaro che lei è e
resterà sempre una vittima, è chiaro che la massa è capace di cose altrimenti
incredibili ma non è certo colpa della rete se i nostri giovani fanno branco contro
una coetanea (seppur ingiustamente). La rete è il luogo, siamo noi che dobbiamo
deviarli non dall’uso del mezzo bensì dando loro le argomentazioni giuste,
sensate, su cosa e come confrontarsi
(nel senso che livello di linguaggio usare) e soprattutto ascoltarli. L’esempio,
poi, rimane il migliore insegnamento e la famiglia il luogo ideale dove
ascoltare, parlare, incontrarsi.
Sono
sicura che presi da soli la maggiore parte di quei ragazzi non si comporterebbe
mai così e comunque, nella maggior parte dei casi, quello che accade su
internet rimane relegato alla rete stessa, si auto-elide senza quasi lasciare
traccia.
In poche parole, i ragazzi non sono altro
da noi, anzi sono noi, non una nostra estensione bensì uomini giovani che sbagliano,
che hanno paura, che sono buoni e cattivi e che diventeranno uomini, possibilmente meglio di noi.
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