“Mamma mi leggi una
stolia?”, “Mamma mi acconti del bambino che va dal dottoe pecchè non liesce a
fale la cacca?”, “no, anzi, mamma, te la leggio io!”. Questa è mia figlia di
due anni e mezzo che, come tutti i bimbi della sua età, ama le storie e ha già un
gran desiderio di capire come si fa a leggere. Eppure, dopo che sarà andata
alla scuola elementare e avrà imparato a
leggere e a scrivere, il suo interesse per la lettura calerà inesorabilmente e
ci vorrà del bello e del buono per convincerla a non abbandonare
quest’abitudine. Tutto questo, per introdurre un articolo che ho letto, anche
se ci incastra poco, a dire il vero, con mia figlia, sull’analfabetismo in Italia, apparso
di recente sul Corriere della Sera, http://www.mestierediscrivere.com/uploads/files/nuovi_analfabeti.pdf.
Sì, ancora una volta, in Italia si parla di analfabetismo. E
ancora una volta mi sorprendo dei dati che vengono forniti: il 20 per cento
degli Italiani sa appena leggere e capire un testo semplice, dei grafici e
qualche tabella, mentre rimane una percentuale ancora molto alta di analfabeti
ovvero persone che non hanno mai, o poco, frequentato una scuola e che sanno
fare solo la propria firma.
Sono dati che lasciano a bocca aperta anzi sembrano
inverosimili, sembra di essere tornati indietro nel tempo, ai documentari della Rai, quelli di Gregoretti, quando si mostrava un’Italia con un divario
incredibile tra il nord e sud, in cui venivano riprese donne con il
fazzoletto in testa, vestite di nero,
che non parlavano in Italiano e che non sapevano nemmeno fare la loro firma
oppure giovani ragazzi di bottega che erano stati mandati a lavoro per aiutare
i genitori a mantenere i fratelli più piccoli o, ancora, adolescenti, ma
sarebbe meglio dire “poco più che bambini”, che erano già dei piccoli delinquenti
che preferivano andare a rubare portafogli ai turisti piuttosto che sedersi ad
un banco con la penna in mano. Immagini che ci sembrano lontane e che invece, a
quanto pare, sono attuali; certo, i personaggi sono cambiati, le donne non
hanno più il fazzoletto in testa ma ancora fanno fatica a parlare in italiano,
i ragazzi non sono più lavoranti presso qualche bar o autofficina bensì vestiti
all’ultima moda, seduti su scooter fiammanti, con la cresta e l’aria di chi ha
già visto abbastanza nella vita. Eppure, tutto cambia ma niente cambia in
Italia e anche loro rimangono come i loro padri: analfabeti.
Qualcuno ha imparato ma ha già dimenticato e sicuramente
nessuno ha capito l’importanza di quel gesto che andrebbe fatto quotidianamente
e che, in qualche modo, riesce a mantenerci in vita, mantenendo attivo il
nostro cervello, la nostra memoria, le nostre fantasie, i nostri desideri.
Nella scuola italiana nessuno ci ha mai insegnato a leggere e ancora di più a
scrivere. Le maestre ci hanno insegnato come si fa ma poi hanno lasciato che ci
dimenticassimo tutto e soprattutto nessuno ci ha mai insegnato ad amare la
lettura e ad analizzare un testo per capirlo e appropriarcene totalmente. Per la scrittura, il problema, almeno secondo
me, è diverso, più complesso perché sapere scrivere è un gesto molto
difficile da compiere. Innanzi tutto, bisogna trovare qualcosa da scrivere, e,
anche se gli spunti possono essere molti, non è facile riconoscerli,
raccogliere le idee, cercare di trasformarli in un racconto, in una qualche
forma di prosa o ancora peggio di poesia. La scrittura implica delle conoscenze
profonde, regole precise da cui non si può prescindere e un esercizio talmente
assiduo che solo pochi appassionati continuano a farlo anche da grandi.
Leggere, invece,è un atto più semplice ma nello stesso tempo
difficilissimo. Gli Italiani non interpretano la lettura come un reale momento di riposo,
di rilassamento della mente dagli affari quotidiani, non è vista come
un’immersione anche per pochi minuti in se stessi o in una storia fantastica
che fa volare il pensiero via, lontano dalle piccole cose di tutti i giorni, ma
come una cosa noiosa, una sorta di dovere per gli studenti, una piccolo
supplizio che porta via del tempo libero per gli altri. Tutti lamentano la mancanza
di tempo per leggere e nessuno riesce a trovarlo se non nelle tanto sospirate
vacanza estive quando si parte il mare con una decina di libri da leggere e si
ritorna sapendo tutto dei vip letti su “Chi”. Qualche volta non c’è tempo,
qualche volta è troppo tardi, qualche altra il libro è noioso, l’argomento non
è interessante, oppure tanto è quasi uguale a quello che ho letto l’anno
scorso, insomma ci sono milioni di scuse per non leggere e pochissime sono le
occasioni che si creano per farlo. Eppure, chi lo vuole fare lo fa e basta. Per
me, leggere è come essere il regista di un film e ogni libro è un film nuovo,
diverso in cui il lettore è protagonista e regista , e da protagonista crea la
sceneggiatura, plasma le caratteristiche dei personaggi, è il lettore che li fa
diventare simpatici o antipatici, biondi o bruni, alti o bassi. Certo è più
difficile che guardare le tv ma chi l’ha detto che fare le cose facili è meglio e più rilassante che impegnarsi in qualcosa di più complesso?
Per stare bene, vivere a lungo, rimanere in forma dobbiamo
dedicare un po’ di tempo allo sport, ci aiuta, ci rilassa, ci mantiene belli e
in salute ma nessuno pensa che in un corpo perfetto una mente vuota o piena di
pensieri legati alla forma o al benessere sia inutile, vecchia, superficiale.
Invecchiare in un bel corpo ma con una mente lenta, poco creativa, senza
fantasia, senza altro desiderio che quello di guardarsi e compiacersi di se
stessi e della propria forma fisica è
triste. Io dico che allenare non solo il corpo ma anche la mente, allunga la
vita, iniziare a dedicare poco tempo al giorno alla lettura non toglie niente a
nessuna altra attività, non stanca ulteriormente e qualche volta ci fa spengere
la tv che ci fornisce opinioni già confezionate, conoscenze e saperi
superficiali e molti pettegolezzi che di certo non ci arricchiscono.
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