Fatma è ormai
vecchia, incartapecorita, astiosa e con molti rimorsi ma soprattutto con un
profondo odio verso quel nano che la riverisce giorno e notte, che si prende cura di lei ventiquattro ore su ventiquattro
e che sta lì a ricordarle continuamente l’adulterio che suo marito ha commesso,
mettendo al mondo altri due figli fuori del matrimonio. Quel nano sta lì a
ricordarle quanto la sua malvagità non abbia avuto limiti quando, ancora
piccoli, li ha presi a bastonate e trasformati in storpi. E lei vive ricordando
la vita che ha fatto, il marito che ha amato, detestato, odiato per tanti anni,
in un turbine mai fermo di passioni contrapposte, paura, desiderio, ribrezzo,
odio; vive ricordando la sua immobilità, relegata per anni nella sua stanza, a
contare i gioielli ognuno dei quali raccontava un episodio della sua vita di
ragazza quando ancora abitava ad Istanbul e frequentava le figlie di un Pascià.
Quei gioielli che piano piano uno ad uno sono stati venduti per sostentare la
famiglia. Ftama è anche la nonna di tre nipoti: la giovane Nilgun comunista,
uno dei due maschi Faruk, il più grande, separato dalla moglie, alcolista,
storico di professione e depresso e, infine, il più giovane, Metin, con gradi
sogni di rivalsa, con il desiderio sfrenato di fare soldi senza ancora sapere
bene come, disposto a scappare verso l’America ma che gli basta una bella
ragazza, con la puzza sotto il naso, e, forse, disponibile, per fare crollare
le sue certezze e rimettere tutto in discussione.
Dall’altra parte, c’ è “l’altra” famiglia, quella composta
dal nano Recep che non ha preso moglie e vive con Fatma e da suo fratello
Ismail che è padre di un ragazzo, Hazan, ancora più confuso di quanto non lo siano
i nipoti legittimi di Fatma, vicino agli ambienti nazionalisti e
antioccidentali che non permettono alla Turchia di ammodernarsi e di stare al
passo con i tempi e che, anzi, la farebbero ripiombare in quell’arretratezza
che è la stessa contro la quale lottava il dottore Selahasn, nonno di Nilgunn
ma anche di Hazan stesso.
Ieri e oggi, come se niente fosse cambiato. Ieri, il nonno
combatteva apertamente contro la mentalità arretrata della popolazione, credeva
nella scienza come unico credo da seguire e si prendeva gioco delle tradizioni
popolari, buone solo perché uguali a se stesse ormai da secoli. Voleva il
cambiamento, il dottor Selahattin , credeva nel popolo che avrebbe potuto davvero
cambiare se stesso e lo Stato, migliorare le condizioni dei poveri, crescere e
diventare pari a quelli europei. Nello stesso tempo, il dottor Selahattin
avrebbe voluto al suo fianco una donna pronta a combattere le sue battaglie ma
si era ritrovato una moglie totalmente ignorante ancorata a tutte quelle
credenze che lui disdiceva, che disapprovava in ogni suo aspetto. Lui con il
tempo, disilluso, depresso, alcolista e con il senso di colpa di esserle stato
infedele nella sua stessa casa, concependo e crescendo con la loro domestica due figli, si era trasformato per la moglie in
un incubo da una parte vittima e dall’altra carnefice
Un vortice di passioni estreme che hanno avuto origine
dall’incontro di Ftama, figlia di un Turchia conservatrice e tradizionale e
Selahattin, sognatore e ribelle, che grazie allo studio è riuscito ad emanciparsi
e che prova, a suo modo, a cambiare il mondo. I due sembrano rappresentare la
Turchia del loro tempo così come i loro nipoti, anni dopo, continuano a rispecchiarla:
la giovane donna che crede di essere comunista, senza davvero sapere che cosa
sia davvero il comunismo, ma che sente l’esigenza di cambiare, di trasformare
uno stato tradizionalista; il nipote intellettuale, autoreferenziale come tutto
il mondo intellettuale, che non crede a niente, che critica e polemizza su
tutto senza cercare alternative percorribili; il giovane abbagliato
dall’occidente che vede nel consumismo e nell’ambizione sfrenata e senza regole
e nell’egoismo la soluzione a tutti i mali ed infine la componente
conservatrice che non accetta alcun innovazione, tutta concentrata a mantenere
lo stesso di fatto, senza riconoscere l’emancipazione femminile, i tempi che
cambiano e le realtà nazionali e internazionali che si evolvono. La Turchia di
ieri così come quella di oggi come luogo di scontro di idee diverse, talvolta
contrapposte e che sfociano non di rado nella violenza. La Turchia di Pamuck è
una nazione che è cambiata dai tempi del dottore Selahattin, che inesorabilmente
ha fatto proprie alcune idee, alcuni
concetti, alcun distorsioni tipiche del’occidente ma, nello stesso tempo, è
sempre uguale a se stessa e continua ad
avere un nocciolo duro di tradizionalismo e conservatorismo che resiste, quello
che proprio il dottor Selahattin aveva
combattuto ma che, come una serpe in seno, allevava.
Un libro bellissimo, un romanzo di sentimenti che scatena emozioni
contrastanti nel lettore, la storia coinvolgente, a tratti violenta di una
famiglia che rispecchia la storia coinvolgente, talvolta violenta della
Turchia. Da leggere.
O. Pamuck, La casa del silenzio, 1999.
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